Per parlare di attacchi di panico è necessario fare una distinzione tra due emozioni, quella di paura e ansia. La paura secondo molti teorici (J.M. Hooley, J.N. Butcher, M.K. Nock, S.Mineka) è un emozione di base condivisa da molte specie animali, compresa la nostra. Essa infatti coinvolge l’attivazione della risposta di attacco e fuga del sistema nervoso autonomo, è cioè una risposta automatica del nostro sistema nervoso di fronte ad un pericolo o ad una minaccia imminente.
In tal senso essa ha un valore adattivo in quanto ci spinge a mettere in atto comportamenti adeguati a proteggerci. Quando però, nella nostra specie, la risposta di paura si presenta in assenza di un evidente pericolo esterno possiamo parlare di attacco di panico. I sintomi dell’attacco di panico sono pressoché identici a quelli sperimentati durante uno stato di estrema paura ad eccezione del fatto che gli attacchi di panico si caratterizzano per un vissuto psicologico e soggettivo di sventura o morte imminente e per il loro essere, nella maggior parte dei casi, inattesi, cioè non provocati da elementi chiaramente identificabili dalla situazione che si sta vivendo. Spesso al contrario si verificano in momenti in cui proprio non sembra esserci alcuna causa oggettiva che potrebbe provocarli, come durante momenti di relax o nel sonno. I sintomi identificati dai principali manuali diagnostici (DSM,5, APA, 2022) sono prevalentemente di tre tipi:
Cognitivi: derealizzazione ( sensazione d’irrealtà), depersonalizzazione ( sensazione di essere distaccati da se stessi), paura di perdere il controllo o impazzire, paura di morire
Fisiologici/fisici: palpitazioni-tachicardia, sudorazione eccessiva, tremori, dolore o fastidio al petto, sensazione di asfissia, nausea dolori addominali, sensazione di vertigine o svenimento, brividi o vampate di calore, parestesie
Comportamentali: si verificano normalmente dopo il primo attacco di panico e si configurano come azioni di evitamento verso situazioni e circostanze che sono collegate al primo episodio di attacco di panico (ad. esempio evitare di guidare se il primo attacco di panico è avvenuto in tale circostanza )
Secondo una lettura psicoanalitica, il panico, nasce da motivi conflittuali inconsci che vengono del tutto coperti dalla manifestazione sintomatica significativamente espressa attraverso messaggi corporei. Per chi li sperimenta dunque è difficile poter, proprio per tale motivo, andare ad intercettare quelle che sono le cause psichiche dell’attacco di panico, che pare vieppiù presentarsi senza causa identificabile dal paziente. La psicoterapia si staglia come uno dei più importanti strumenti per aiutare la persona ad indagare i motivi psicologici che sono connessi all’emersione del panico. Attraverso il confronto con il terapeuta sarà infatti possibile comprenderne la natura, descrivere e descriversi i vissuti legati alle crisi che insorgono improvvisamente fino ad intercettare quei significati che permetteranno di ridurre il senso d’incomprensibilità ed angoscia rispetto al panico e al suo ripresentarsi. Lo stesso processo di scoperta e lettura inedita dei sintomi sperimentati, risulta per la psicoanalisi, motore principale di risoluzione della sintomatologia stessa.
A differenza della paura e del panico l’ansia è una combinazione complessa di emozioni/cognizioni spiacevoli, che rispetto alla paura è sia più orientata al futuro sia più pervasiva. L’ansia se moderata e lieve ha una funzione adattiva, pensiamo ad esempio che essa può migliorare l’apprendimento e l’attenzione.
Un esempio è quella piccola quota d’ansia che sperimentiamo all’avvicinarsi di un giorno importante o di una nuova sfida. In questo caso l’ansia non fa che essere nostra alleata.
Quando tuttavia diviene cronica e severa e perde il suo nesso con eventi concreti che si stanno per verificare possiamo presumere la presenza di un disturbo d’ansia. Come la paura e il panico, l’ansia ha componenti cognitivo/soggettive-fisiologiche e comportamentali:
Cognitivo/soggettive: stato d’animo negativo, preoccupazione inerente possibili minacce o pericoli futuri, preoccupazione per sé stessi o per gli altri significativi e la sensazione di non essere in grado di prevedere una minaccia futura o di controllarla se di presenterà.
Fisiologiche/fisiche: stato di tensione e iper-attivazione cronico, che riflette la valutazione del rischio e la prontezza ad affrontare un eventuale pericolo se si manifesta.
Comportamentale: L’ansia può innescare una tendenza ad evitare le situazioni in cui ci si aspetta si potrebbe andare incontro ad un pericolo reale o immaginato.
I disturbi d’ansia sono multi-sfaccettati e possono assumere diverse forme:
DISTURBO D’ANSIA GENERALIZZATO (DAG)
Si tratta di uno stato di significativa preoccupazione che diviene cronico, eccessivo ed irragionevole. Le persone che sperimentano questo disturbo vivono in uno stato di apprensione ansiosa relativamente costante e proiettata nel futuro, tensione cronica, preoccupazione ed inquietudine diffusa che non sono in grado di controllare.
Mostrano inoltre uno stato di iper-vigilanza circa possibili segnali di minaccia presenti nell’ambiente e spesso mettono in atto comportamenti indiretti d’evitamento, quali ad esempio la procrastinazione o il controllo.
Le preoccupazioni quasi costanti delle persone che soffrono di questo disturbo le portano ad essere continuamente agitate e scoraggiate. Le aree più comuni di preoccupazione tendono a riguardare in famigliari, le persone significative, il lavoro, le finanze o la salute.
Fobia specifica
La fobia specifica riguarda una paura intensa e persistente che viene innescata da un oggetto o situazione specifica, la quale conduce ad un livello di stress significativo e ad una limitazione nella capacità di adattarsi alle circostanze in cui è presente lo stimolo fobico.
Quando la persona con fobia specifica incontrano lo stimolo fobico manifestano reazioni simili al panico. Non sorprende che questi individui sperimentino ansia anche se solo prevedono d’imbattersi nell’oggetto/ situazione fobica e che dunque evitino in tutti i modi l’incontro con gli stimoli che sono causa della loro paura. Molto spesso di fatto vi è un evitamento anche di rappresentazioni apparentemente innocue degli stimoli temuti, come per esempio fotografie o immagini televisive. Le fobie specifiche possono svilupparsi verso qualsiasi oggetto o situazione.
Fobia sociale
La Fobia Sociale è caratterizzata da una paura invalidante di una o più situazioni sociali specifiche (ad esempio parlare in pubblico, mangiare in pubblico, essere osservati, incontrare persone sconosciute ecc..). In queste situazioni il soggetto teme che possa essere esposto al giudizio o alla possibile valutazione negativa degli altri o che si possa comportare in maniera imbarazzante o umiliante. A causa di questi vissuti tende dunque ad evitare tali situazioni o ad affrontarle con enormi livelli di stress.
Agorofobia
Storicamente il termine si riferisce alla paura dell’agora ( parola greca che descrive luoghi di ritrovo all’aria aperta). In questo disturbo d’ansia le situazioni più comunemente temute sono quelle che includono spazi e luoghi affollati (come le file, i centri commerciali, cinema e negozi). In generale la preoccupazione o l’ansia sperimentate fanno riferimento a tutte quelle situazioni in cui scappare sarebbe difficile o umiliante o neille quali non sarebbe possibile un aiuto immediato qualora accadesse qualcosa di spiacevole.
Il disturbo ossessivo compulsivo è definito dalla presenza da un lato di pensieri ossessivi, dall’altro dalla presenza di comportamenti compulsivi, messi in atto nel tentativo di neutralizzare questi pensieri.
Le ossessioni possono essere concettualizzate come pensieri, immagini o impulsi intrusivi che sono persistenti, ricorrenti, significativamente disturbanti ed incontrollabili (i pensieri ossessivi cioè invadono il vissuto della persona senza che questi siano volontariamente evocati o che possano essere eliminati)
Le compulsioni invece sono comportamenti ripetitivi che vengono messi in atto sotto forma di rituali comportamentali (ad esempio lavarsi più volte le mani, sistemare un oggetto più volte, controllare più volte di avere spento il gas ecc..) o rituali mentali ( ripetere mentalmente la stessa frase, contare mentalmente, pregare, sussurrare a bassa voce le stesse parole più volte).
Le azioni compulsive vengono messe in atto proprio in risposta ad un pensiero ossessivo e nella maggior parte dei casi il vissuto soggettivo legato alla compulsione è quello di “essere obbligati” a metterla in atto al fine di prevenire un qualche evento o situazioni temute.
Le ossessioni più diffuse riguardano:
Reazione ad un avvenimento e suoi derivati. Ipotesi che le malattie psichiche nascano dall’incontro tra persona ed eventi e dal modo in cui la persona reagisce a tali eventi.
Il concetto di trauma psicologico è assai complesso e non trova una definizione univoca data una volta per tutte. Esistono infatti diversi modi di concepire il concetto di trauma psichico.
Certamente occorre sottolineare che ogni avvenimento sperimentato nell’arco dell’esistenza può risultare traumatico. A definire infatti il gradiente di traumaticità è l’incontro unico ed irripetibile tra un evento, le caratteristiche psicologiche della persona e il suo modo specifico di reagire a tale evento.
Per fare un pò di chiarezza, si potrebbe asserire che seppur esistano eventi che oggettivamente potrebbero
essere giudicati come terribili per chiunque (si pensi ad esempio ad una calamità naturale, all’essere vittime
di una rapina o di un abuso sessuale, alla perdita di una persona amata) non è la natura oggettiva
dell’evento in sé a risultare traumatico ma il modo in cui la persona la vive e le dona senso, dunque in
definitiva il modo soggettivo e personale dell’individuo di processarlo psicologicamente.
Seguendo questa linea di pensiero un evento è in grado di divenire significativamente traumatico nel
momento in cui le emozioni, i pensieri e la sensazioni che travolgono una persona mentre lo vive, la
mettono in una posizione d’impotenza psicologica, ossia in uno stato in cui entrano in crisi tutti i sistemi
difensivi che normalmente ci aiutano ad elaborare e gestire le emozioni spiacevoli e negative (quali ad
esempio la vergogna, la paura, l’ansia, il terrore).
Tra le conseguenze maggiori di un trauma abbiamo lo sviluppo di vere e proprie psicopatologie, tra le più
significative il Disturbo Post Traumatico da Stress, sintomi di natura dissociativa, disturbi dell’adattamento.
Le relazioni sono il baluardo della nostra esistenza. Verso di esse siamo mossi e sollecitati su molti fronti, le relazioni infatti ci scuotono, generano in noi potenti vissuti, che vanno dal desiderio alla paura, passando dalla fatica di tesserle o di gestirne le dinamiche.
Le relazioni sono il “luogo” di massima espressione dell’individuo e della sua soggettività, un terreno in cui si gioca se stessi a 360*. Fisiologicamente ed inesorabilmente le relazioni trovano nel loro consolidarsi punti d’incrinatura e crisi che possono spontaneamente risolversi o che al contrario possono generare situazioni di forte sofferenza e stallo in cui regna la sensazione che tutto sia bloccato e non si riesca a progredire.
In quest’ultimo caso, sia che la crisi riguardi la coppia, le interazioni famigliari, amicali o lavorative, un percorso terapeutico può essere un valido strumento per approfondire quello che sta accadendo e trovare soluzioni inedite alla situazione in essere che permettano di far dello stesso momento di crisi del rapporto
un momento di crescita ed arricchimento individuale e relazionale.
Queste situazioni possono essere affrontate in terapia sia attraverso un percorso individuale che di coppia.
L’umore è senza dubbio un aspetto che caratterizza il nostro vissuto psicologico, gioia e tristezza sono stati interni che si alternano l’uno all’altro nella nostra quotidianità, spesso in funzione di eventi spiacevoli o piacevoli a seconda dei casi.
A volte ci sentiamo scarichi e privi di energia di prima mattina, con una tonalità cupa dell’umore, ma vediamo una modificazione di esso poche ore dopo o qualche giorno dopo, ritrovando uno stato di serenità o vivacità interna.
Quando però l’umore subisce una variazione stabile nel tempo, si estende in ogni sfera di vita e pare non essere più modificabile nemmeno a fronte di stimoli che un tempo ci avrebbero dato piacere e risollevati un pò, ci sentiamo privi di energia e non riusciamo più a provare piacere in alcuna circostanza è possibile che ci troviamo in presenza di uno stato di alterazione del tono dell’umore che prende il nome di depressione.
La depressione si caratterizza per un vissuto di forte abbattimento, tristezza e apatia prolungati nel tempo e presenti per la maggior parte della giornata.
Le caratteristiche specifiche di un episodio depressivo fanno capo a:
Gioia e euforia sono emozioni che tutti noi sperimentiamo nei momenti piacevoli e positivi della nostra vita.
Sono stati emotivi cioè che conosciamo e che possono caratterizzare non solo momenti transitori ma che possono anche definire tipologie di personalità che più di altre appaiono stabilmente energiche e vitali.
Tuttavia quando gli stati di euforia ed energia divengono eccessivi, immotivati e non modificabili e quando si accompagnano a forte eccitamento o a comportamenti molto impulsivi ed incontrollabili, potremmo essere di fronte ad una condizione che viene definita in psicopatologia episodio maniacale.
Gli stati maniacali sono fondamentalmente un’alterazione psicopatologica dell’umore, che al contrario di quanto accade nella depressione, aumenta verso l’alto.
Gli episodi maniacali sono caratterizzati da:
I sintomi maniacali sono molto intensi, possono durare diverse settimane e si verificano per la maggior
parte del giorno.
Quando la mania si associa a sintomi meno intensi e limitanti siamo in presenza di un episodio ipomaniacale che si configura come una forma più lieve dei sintomi descritti per l’episodio maniacale e per unaminor compromissione nelle sfere di vita dell’individuo.
Alcuni eventi di vita dolorosi come ad esempio, lutti, fallimenti, separazioni, problemi lavorativi o relazionali, possono gettarci in uno stato di difficoltà da un punto di vista psicologico.
Molto spesso infatti queste situazioni mettono a dura prova la resistenza delle nostre risorse psichiche ed emotive, quelle che normalmente ci permettono invece di adattarci a situazioni difficoltose e di gestire lo stress da esse generato, facendoci ritrovare in una situazione di sofferenza o disagio psicologico che sembra non risolversi. In questi casi si sperimentano sensazioni e vissuti negativi, ci sentiamo angosciati e privi degli strumenti per uscire o superare una crisi che ci tiene spesso imbrigliati nella sensazione di aver perso di mano le redini della nostra vita.
L’adolescenza si caratterizza come un momento particolarmente delicato di vita specialmente in quanto è in questa fase che inizia a farsi pressante il bisogno di definirsi come persone autonome e di differenziarsi dalle proprie figure di riferimento, quali specialmente i genitori.
Questo bisogno emergente, che si articola verso la possibilità di definire la propria identità, è spesso costellato da una fatica psicologica che si esprime attraverso comportamenti provocatori, di ribellione ed antagonismo, ma anche attraverso una difficoltà di governare e decifrare quello che avviene a livello del proprio mondo emotivo-affettivo. Non è raro che la persona chiamata a confrontarsi con il passaggio tra la vita infantile e quella adulta, manifesti e sviluppi forme di disagio psicologico anche severe, quali ad esempio condotte devianti, stati di ansia e depressione, abuso di sostanze e disturbi alimentari.
La manifestazione di questi disagi psicologici diviene chiaro segno dell’esigenza del ragazzo di essere accompagnato e sostenuto in questa difficile fase di vita. La terapia psicologica si pone infatti come obbiettivo quello di divenire luogo in cui poter esplorare insieme tutti quei vissuti che hanno a che fare con il bisogno di definire se stessi e separarsi dalle figure di riferimento, di pervenire insieme alla possibilità di dare senso e governare il tumulto interno che caratterizza questo passaggio.
Il tema delle dipendenze affettive è molto attuale. Questo concetto viene spesso utilizzato in maniera diffusa, a volte erronea e non specifica, per descrivere una moltitudine di esperienze relazionali/amorose che non funzionano, tuttavia essa rappresenta una forma di sofferenza specifica dell’individuo che si manifesta in tutta la sua portata specialmente all’interno della relazione di coppia, ma non esclusivamente.
La dipendenza affettiva a tutti gli effetti è una modalità di entrare in interazione e relazione con altri significativi e non descrive di per sé i connotati della relazione o sue caratteristiche, ma ha a che fare piuttosto con le modalità proprie della persona singola che vengono per l’appunto espresse all’interno dei rapporti.
Chi interagisce con l’altro sviluppando una forma di dipendenza affettiva da quest’ultimo, tende infatti a non riuscire a mantenere una propria autonomia ed autosufficienza, avvertendo un incolmabile senso di vuoto e una notevole difficoltà ad affermare se stesso in assenza dell’altro da cui appunto dipende. Alla base di questa modalità esiste il più delle volte una paura profonda circa la possibilità d’esistere in maniera individuale, una scarsa considerazione di sé che assume la forma di un senso d’incapacità rispetto al poter essere responsabili in prima persona del proprio benessere. La persona dunque è spinta a cercare all’esterno, in particolare modo in una relazione di coppia, un riferimento a cui aggrapparsi per non incontrare la propria paura di essere sola, non voluta o/e abbandonata e per definire attraverso di essa il sentimento del proprio valore, in una logica schiacciante in cui “solo se tu mi ami io so di contare qualcosa,
di avere un valore”.
I campanelli d’allarme più comuni sono rintracciabili come segue:
I tratti caratteristici di un individuo, i suoi modi di gestire le situazioni quotidiane e le modalità con cui esso interagisce con il contesto sociale emergono fin dall’infanzia e si cristallizzano divenendo stabili entro la fine dell’adolescenza o della prima età adulta.
Queste modalità dunque divenendo stabilii si organizzano in veri e propri pattern di comportamento e vissuto andando a costituire la personalità che si definisce dunque come il modo in cui la persona si rapporta e comporta all’interno delle sue sfere principali di vita. Alcune persone tuttavia sviluppano pattern di personalità che sono cosi maladattati e rigidi da renderle incapaci di funzionare efficaciemente o di rispondere ai bisogni della società. Il tal caso possiamo parlare di disturbi di personalità che si denotano prevalentemente nelle difficoltà interpersonali croniche, la presenza di problemi rispetto all’identità o al senso di sé, incapacità di funzionare adeguatamente dentro la società.
Per diagnosticare il disturbo il pattern di comportamento della persona deve essere pervasivo e non flessibile, stabile e di lunga durata. Deve inoltre essere causa di un disagio clinico significativo o di una compromissione del funzionamento psicologico e manifestarsi in almeno due delle seguenti aree:
cognizione, affettività, funzionamento interpersonale, controllo degli impulsi.spesso le persone con disturbi di personalità non solo presentano queste difficoltà ma sono all’origine anche di altrettante e simili difficoltà
nella vita degli altri significativi, i quali tendono a percepire il modo di comportarsi della persona con disturbo di personalità come confusivo, esperante, imprevedibile o immodificabile e a vario titolo inaccettabile.
Qualsiasi sia lo specifico pattern di personalità se è presente un disturbo di personalità gli individui tendono ad approcciarsi ad ogni situazione in maniera ripetitiva e sempre disadattava allo stesso modo, manca la possibilità di modificare l’azione o di apprendere ad esempio dai propri errori o dalle esperienze passate.
I disturbi di personalità riconosciuti dalla nosografia attuale sono raggruppati in 3 cluster principali in base ad una logica per cui le personalità inserite in ognuno di essi presentano tratti e caratteristiche comuni.
CLUSTER A:
Disturbo paranoico di personalità- Disturbo Schizoide di personalità_ Disturbo Schizotipico di personalità.
Gli individui che presentano questi disturbi appaiono spesso strani eccentrici, con comportamenti inconsueti che vanno dalla sospettosi eccessiva fino all’isolamento sociale.
CLUSTER B:
Disturbo borderline di personalità- Disturbo narcisistico di personalità- Disturbo Antisociale di personalità- Disturbo istrionico di personalità
Gli individui che presentano questi disturbi hanno in comune la tendenza ad essere drammatici, emotivi, incostanti ed impulsivi.
CLUSTER C:
Disturbo dipendente di personalià- Disturbo evitante di personalità- Disturbo ossessivo compulsivo di personalità.
Gli individui con questi disturbi di personalità condividono una tendenza marcata all’ansia e alla paura.